Luglio 10, 2017 0 Comments parola all'esperto

“Io come te, tu come me: bambini e anziani insieme”.

 

Oggi sono contenta di avere un lavoro. Questo lavoro.

Perché oggi è un giorno speciale: è partito un progetto semplice e importante nello stesso tempo “Io come te, tu come me: bambini e anziani insieme”. Si tratta di un progetto di pedagogia intergenerazionale, nato in condivisione tra comune di Cinisello e la Residenza per Anziani Martinelli. L’idea di fondo è che anziani e bambini possano stare bene insieme e quindi si è pensato e organizzato un percorso di momenti di gioco, attività e laboratori tra bambini del nido e anziani.

Dopo tutto il lavoro di progettazione, pianificazione e organizzazione, oggi per la prima volta i bambini e le educatrici della sezione Api del Nido Arcobaleno sono andati a fare conoscenza di alcuni ospiti della Residenza Martinelli.

Io li ho accompagnati, curiosa di vedere come le parole scritte nel progetto si trasformassero in comportamenti, voci, incontri concreti.

Uscendo dal nido, mi dico che anche il cielo approva il progetto: è azzurro e limpido come in un anticipo di primavera.

Non un capriccio né una protesta: giubbino, cappello e scarpe…i bambini si preparano velocemente per uscire. Alla domanda di Mary: “Bambini, ma dove andiamo stamattina?” si alza un coro di voci squillanti: “Andiamo dai nonni!”.

Ed effettivamente poco dopo siamo nel salone della residenza. I nonni sono lì ad aspettarci. E ci guardano sorridendo quando entriamo. E’ un sorriso dolce che fa brillare gli occhi di un’emozione nuova.

I bimbi si avvicinano, un po’ sorpresi di trovarsi in un ambiente così grande. Guardano i nonni, ricambiano i sorrisi e accolgono l’invito delle educatrici a cantare una canzoncina. Anche i nonni seguono il ritmo e ripetono i movimenti dei bambini. Si studiano reciprocamente, così diversi eppure così simili.

E poi c’è qualcuno che è più audace. Andrea si avvicina a Natalina e la guarda attentamente: scruta il viso incorniciato da un velo grigio ed esclama con l’immediatezza tipica dei bambini: ”Una sposa!”. “Non sono una sposa…sono una suora!” Corregge divertita suor Natalina.

Ci rifletto un attimo: in un certo senso non è forse la stessa cosa?

La nonna Enrica allarga le braccia e si confida con il gruppo: “Io non ho avuto bambini miei…e guarda adesso quanti bambini ho per me!”.

Come programmato, i nonni ci leggono la storia di Cappuccetto Rosso. Si sforzano al massimo di essere espressivi e ci riescono benissimo. I bambini conoscono nel dettaglio la trama e partecipano alla narrazione: intervengono, anticipano le risposte, ascoltano rapiti.

E poi si fa merenda: succo di frutta e biscotti. Ovviamente ce ne è per tutti, in abbondanza.

Ma alcuni nonni rinunciano al proprio dolce per offrirlo ai bambini. Comportamento antico di tempi lontani, quando era necessario rinunciare per garantire l’essenziale ai figli?

Non lo so, ma il gesto mi commuove e mi accorgo che mi si inumidiscono gli occhi. Mi dico che non è professionale e mi concentro sul fare foto. Perché quello che sta accadendo è grandioso nella sua semplicità, e voglio che ne rimanga traccia.

Sono le 11,00. E’ quasi tempo di tornare al nido: bambini e anziani pranzano presto. Hanno davvero gli stessi ritmi.

I nonni regalano un palla sonora costruita da loro stessi nei giorni precedenti a ogni bimbo e ogni bimbo regala a un nonno una primula.

E’ davvero una festa…i nonni ringraziano sorridenti, i bambini scuotono le palle e la sala si riempie nuovamente di sorrisi e tintinnii.

E’ proprio ora di andare.

Ci si saluta. E Andrea, che ha capito esattamente le finalità del progetto, l’impianto metodologico e l’articolazione dei tempi, mentre si dirige insieme agli altri verso la porta, si volta un’ ultima volta, e sorridendo ancora ai nuovi amici dai capelli bianchi e dai movimenti lenti dice, con tutta la convinzione dei suoi 3 anni: “ Sì, mi sono proprio divertito! Ci vediamo domani!!”.

E qui non posso fermare una lacrima. Anche le educatrici del nido e le animatrici della residenza sono visivamente emozionate.

Lo so, non è professionale. Ma va bene così.

Articolo di Enza Stragapede, Psicologa.


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