{Parole a colazione} L’importanza di credere nei propri sogni
La cannella ha un potere tutto suo. Riesce infatti a svegliarmi senza troppi problemi anche quando le mie palpebre al mattino vorrebbero solo tornare indietro e protestare nascondendosi sotto il cuscino. Ne spolvero giusto un po’ sul cappuccino, tanto per dargli un aroma diverso. Avvolgente, caldo. Quel pizzico natalizio che torna tutto l’anno e ti trascina in un vortice di ricordi. In quelle riflessioni mattutine che davanti alla colazione prendono forma, donandoti tutta la pace di cui necessiti.
In principio fu la cannella: profumi e storie
Ogni profumo racchiude in sé una storia. Un universo che aspetta solo di essere sfogliato tra pagine e foto ingiallite dal tempo, ma così indelebili da rimanere per sempre. Ad ognuno la sua. Ad ogni situazione la capacità di legarsi inesorabilmente con un profumo, un’essenza che rimanga dentro anche se i giorni tendono a cancellare lettere e immagini con precisione sfocata.
Ho imparato lungo il corso della mia esistenza che sebbene molte immagini siano ormai ingiallite, sono i ricordi olfattivi a rimanere fissi nella memoria. Ed ecco che le note frizzanti e fresche degli agrumi mi riportano a quando ero solo una bambina e osservavo mio padre riempire il cesto di rotonde arance e succosi mandarini. Quel profumo sanciva l’inizio della stagione fredda, del mio amato autunno e del festoso inverno. E che gioia, era: avrei pregustato quei dolci doni di natura nei pomeriggi colmi di compiti e libri aperti sullo scrittoio.
La legna bruciata, il carbone che arde e il fumo che da esso si sprigiona avvolgendo la stanza di una patina leggera, aziona i miei ricordi su una fase particolare della mia infanzia. La conca era a casa dei miei nonni un’istituzione. E chi ha vissuto in un piccolo paese del Sud conosce bene l’importanza di questo particolare strumento per riscaldarsi: base robusta all’interno della quale i vecchi posizionavano con cura il carbone, poneva al suo centro una fiamma dai colori tenui attorno alla quale bucce d’arancia si accartocciavano su sé stesse come carta straccia.
L’odore acre. Le mani rugose di chi cerca il calore e lo trova ai suoi piedi, sullo scialle in lana e nei capelli arruffati dal tempo che scorre inesorabile. E il sorriso di mio nonno, quando tutto era più facile e il futuro non sembrava così vicino e impossibile.
Il profumo della rosa e quel primo, timido, appuntamento sotto casa. Quello di novità dei libri appena acquistati, delle librerie piene di pagine da leggere, dell’inchiostro che scorre sulla pagina bianca. E quello più goloso dato dalle produzioni dei bar lungo la via, quando ancora giravo per le strade del mio paese con lo sguardo assente e il cuore pieno di grovigli. Quelli che ignoravo, quelli che spingevano tacitamente al sogno. E all’importanza di crederci.
Davide mi guarda assonnato. La colazione è un momento importante, non la consumiamo spesso insieme eppure nel weekend non ci priviamo del piacere di scambiare quattro chiacchiere in libertà davanti ad una tazza di caffè e ad una buona brioche calda di panetteria. Mescolo svogliatamente il mio cappuccino, unendo la cannella al latte. Un gesto come tanti altri, una quotidianità assodata.
Ed è a quel punto che mi chiede cosa sia quel buon odore che lento si sprigiona dal salotto alla cucina. <<E’ cannella.>> rispondo, sicura di essere ancora una volta canzonata per il mio rigore in fatto di alimentazione e salute. Ma stavolta il suo sguardo non muta in una dichiarazione di guerra al cappuccino senza zucchero e a quell’unione un po’ insolita: nei suoi occhi c’è un bagliore diverso, i tratti del viso si distendono e timidamente accenna ad un sorriso.
<<Mi ricorda i primi tempi qui. E’ una sensazione che non so spiegarti ma che c’è e mi provoca tante emozioni. Ti ricordi quelle prime mattine a casa nostra?>>
Inseguire il sogno: i primi passi
Poso la tazza. Quel profumo di cannella è il principio di una storia, la nostra. Non la lego affatto al periodo natalizio perché la cannella, questa spezia così intensa e amata, si è insinuata nel nostro quotidiano in punta di piedi. Senza invadere gli spazi, senza scadere nell’ovvietà bensì raccontando qualcosa che rimarrà davvero per sempre.
Ottobre 2015, sto preparando le valigie. Non smetto di piangere, osservo la mia gatta Luna avanzare languida verso di me per tuffarsi tra maglie e abiti di ogni genere. Ad ogni fusa le mie lacrime aumentano in maniera spropositata.
Sono ormai passati due giorni da quando il camion dei traslochi è partito con gli oggetti di una vita in direzione Milano e non so bene come sentirmi: gli inizi incutono sempre timore, lasciare il passato è sempre un’incognita. Eppure so che quella scelta l’ho accolta con tutta la speranza possibile, l’ho voluta ed ho lottato fino alla fine per far sì potesse essere finalmente concreta e non frutto di qualche astratto pensiero.
Lo faccio per il sogno. Quello che inseguo da una vita, quello che in uno sperduto paese della provincia catanese non posso coltivare. Perché la mentalità è diversa, perché non ci sono possibilità. E perché in fondo non mi sono mai sentita parte di quella realtà, immaginando scenari diversi, distanti dalla gabbia di cui ero stata a lungo prigioniera.
Continuo a ripetermelo mentre accumulo vestiti e ne scarto altri. Luna mi guarda perplessa: forse lei ha già capito che il giorno dopo partirò e non mi vedrà per un lungo periodo. Forse mesi, forse anni. Non saprei nemmeno io dirlo con certezza.
Il resto si rincorre nei ricordi come una scia fulminea. Rivedo la nave salpata dal porto di Catania, la mia disperazione liquefarsi nelle onde agitate del mare. La notte insonne e sforzarsi di pensare positivo all’ombra del Vesuvio, raggiunto la mattina seguente.
E la strada infinita, le tappe intrise di stanchezza all’Autogrill, i piedi gonfi e la nebbia che tutto avvolge, confondendo e incrinando l’ultimo briciolo di positività. Si sciolgono le energie, la sera scivola via tra le spoglie pareti di una casa nuova senza profumi, priva di quell’identità che mi facesse anche per un solo attimo credere ad un principio di famigliarità.
Una doccia calda, i capelli ancora bagnati, le lacrime e quel messaggio disperato inviato a mia madre ‘’Sappi che sei stata una mamma fantastica e che mi mancherai da morire. Anche se non te l’ho mai detto.’’. Piango io, piange lei, il cielo versa le sue prime gocce di pioggia: tutto sembra riflettere appieno il mio stato d’animo.
Il profumo di cannella, per l’appunto. Nei primissimi giorni trascorsi qui ebbi la felice idea di coccolarmi e viziarmi con delle colazioni a prova di conforto. Brioche tattiche, biscotti di svariate forme, colori vibranti di vita sulla tovaglietta e nelle posate. E poi l’immancabile cappuccino nel quale provai a versare la cannella: fu amore a primo assaggio.
Giorno dopo giorno quel rituale assunse le fattezze di casa. Quel luogo sicuro dove rifugiarmi alla fine del giorno, la sicurezza del primo mattino, il sentirsi meno estranea in un luogo sconosciuto. L’odore avvolgente sanciva ufficialmente l’inizio di una nuova vita, la nostra. E il concretizzarsi di un sogno: il mio.
L’importanza di credere in un sogno
Se oggi mi affaccio al passato vedo una ragazza intimorita dalle sue scelte. Piegata dalla paura di non farcela, di non riuscire in qualcosa di grande solo perché negli anni giudicata come incapace. Eppure so che rifarei quella scelta mille altre volte. Anche se ho lasciato un pezzo di me a 1200 km? Anche se ho dovuto rinunciare agli affetti pur di realizzare il mio sogno? Sì. Assolutamente sì. E non c’è scelta migliore che io abbia potuto compiere.
Perché credere in un sogno è importante. Indispensabile per poter respirare a pieni polmoni la propria vita, senza privarsi di quello che ci rende vivi. Ho vissuto per molti anni in una gabbia che credevo fosse il centro del mondo, ho osservato i palazzoni antichi del mio paese d’origine con gli occhi della meraviglia ignorando che al di là di quei confini ci fosse il mondo. Quello vero.
Ho creduto troppe volte di non essere capace. Di non essere abbastanza brava, coraggiosa, perspicace per smuovere le acque e rompere le regole. Ho creduto di non essere all’altezza del mio sogno perché mi hanno fatto credere che i sogni sono inutili. E che non bastano.
Ma un giorno capisci che ad essere incapace è chi ti giudica, chi ti teme perché l’indipendenza fa paura, suggestiona le menti più deboli. Capisci che in quella gabbia la vita è solo di passaggio, che quella vera è in giro. Oltre i confini di un paese di provincia.
Rompi le sbarre, apri le tue ali e affronta il volo con tutto il coraggio. Infischiandotene degli altri, di ciò che dicono e pensano. I sogni si inseguono, anche a costo di farsi male. Si vivono e si affrontano con grinta, affondando le unghie nella roccia, arrampicandosi fino a stare male. Un sogno è anche saper rinunciare a qualcosa, crederci con tutto te stesso.
Allora sognate. Rincorretelo quel sogno. Prendete una valigia, riempitela con poche cose e andate via. Girate il mondo, non fermatevi, abbiate sete di conoscenza e spogliatevi dei pregiudizi, liberatevi dalla cattiveria gettata addosso di chi vuole vedervi crollare giù. Sbatteteglielo in faccia il sorriso che sfoggiate ad ogni conquista, piccola o grande che sia.
Continuate a correre. Il respiro verrà meno, le gambe tremeranno sotto il peso della vostra voglia di sognare, di crederci ancora. Se necessario arrampicatevi, scalate anche le cime più alte pur di arrivare in cima. Anche se le mani sanguinano, anche se le lacrime scendono come pioggia e le ferite bruciano.
Arrendersi mai. Rinchiudersi in un groviglio di paure e ansie è quanto di più facile esista ma è sulla strada più difficile che il guerriero trova ciò che cerca. Scrivetelo sul cuore, tenetelo bene a mente: solo chi osa può scorgere il panorama dalla cima della montagna.
A volte è solo paura di compiere il primo passo. A volte è solo non crederci abbastanza.
Sorseggio il mio cappuccino alla cannella, compiaciuta. Guardo le pareti di casa, il paesaggio che fuori si disegna tra i tetti bassi delle case e il cielo plumbeo dei primi squarci di autunno: adesso ho un posto nel mondo. Adesso ci siamo solo io e il mio sogno. E un pizzico di cannella, che non guasta mai.
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