L’ecografia morfologica: quando farla e a cosa serve
L’ecografia morfologica è un appuntamento importante della gravidanza in quanto è il momento dedicato allo studio dell’anatomia e della biometria del feto. E’ importante ricordare che come tutti gli esami dedicati alla diagnosi prenatale è consigliato, ma non obbligatorio, quindi la scelta se eseguire o meno questo esame deve essere presa dalla coppia dopo essere stata informata dal medico curante sul significato di questo esame.
Come funziona
L’ecografia è una tecnica che consente di vedere gli organi del nostro corpo con l’utilizzo di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni, non udibili dall’orecchio umano) che attraversano i tessuti: quando esse arrivano al feto producono echi che sono trasformati in immagini sul monitor dell’ecografia. Gli ultrasuoni sono utilizzati nella pratica ostetrica da oltre trent’anni e non sono stati riportati effetti dannosi anche a lungo termine, sul feto. Per tale ragione, con le procedure oggi adottate, l’uso diagnostico dell’ecografia è ritenuto esente da rischi.
Quando farla
Il periodo indicato per eseguire questo esame fra 19 e 21 settimane compiute di età gestazionale. A quest’epoca infatti il bambino è grande abbastanza da permettere uno studio accurato di tutti gli organi. Gli scopi per il quale tale accertamento viene proposto ed effettuato sono il controllo della vitalità del feto, dell’anatomia e del suo sviluppo. L’esame consente inoltre la valutazione della quantità di liquido amniotico e della localizzazione placentare.
A cosa serve
Questo esame consente di ottenere la misura di alcune parti del corpo del feto, come ad esempio il diametro biparietale (che misura la testa del bimbo da tempia a tempia), la lunghezza del femore e la circonferenza addominale ed i valori di tali misure vengono confrontati con quelli delle curve di riferimento per valutare se le dimensioni corrispondono a quelle attese per l’epoca di gravidanza. Nello stesso esame si visualizzano la sede di inserzione placentare, la quantità di liquido amniotico e la struttura dei principali organi e distretti anatomici del feto. L’esame è svolto per via transaddominale; a volte se necessario può essere eseguito anche in parte per via transvaginale (ad esempio per lo studio dell’inserzione della placenta). Talora è necessario applicare una certa pressione per ottenere immagini nitide. Se il bambino non è messo in posizione ottimale può essere necessario concludere l’esame in un secondo momento se non si è potuto controllare tutti gli organi in modo esaustivo. In questi casi è necessario ripetere l’ecografia dopo qualche ora o giorno per completare lo studio del feto. Nel caso in cui venga evidenziato un reperto sospetto il medico esaminatore discuterà il suo significato clinico con la persona assistita. E’ possibile che si renda opportuna una valutazione ulteriore presso un centro di riferimento per lo studio delle anomalie del feto (chiamata ecografia diagnostica o ecografia di II livello). Peraltro in un buon numero di casi un reperto sospetto all’ecografia di screening può rivelarsi non patologico all’esame di approfondimento E’ importante sapere che seppur un esame eseguito in modo completo e approfondito dia molte informazioni utili ed importanti sul benessere fetale, non tutte le patologie sono diagnosticabili tramite l’ecografia.
Gli esiti
L’esperienza finora acquisita suggerisce che l’esame ecografico effettuato per lo screening delle anomalie fetali tra 19 e 21 settimane consente di identificare dal 20 al 50% delle malformazioni più rilevanti. Dati Europei evidenziano una capacità media dell’identificare le anomalie fetali del 31%. Pertanto per i limiti intrinseci della metodica è possibile che alcune anomalie fetali, anche gravi, non vengano identificate in epoca prenatale. La possibilità di individuare una anomalia non dipende necessariamente dalla gravità del difetto ma dalle sue dimensioni e dalla più o meno evidente alterazione dell’immagine ecografica che ne risulta; l’accuratezza dello studio ecografico nella individuazione delle anomalie fetali può essere limitata dalla sfavorevole posizione del feto in utero, dalla ridotta quantità di liquido amniotico e dalla presenza di altri fattori quali cicatrici addominali, gemellarità, nodi di mioma e scarsa penetrazione degli ultrasuoni attraverso la parete addominale materna (condizione frequente nelle gestanti obese). Inoltre, un gruppo di malformazioni a carico di ciascun distretto anatomico del feto (cosiddette evolutive) può comparire solo in epoca di gravidanza avanzata o addirittura dopo il parto e non essere perciò rilevabile nel corso dell’esame ecografico di screening effettuato nel II trimestre. L’esame morfologico è anche un’occasione molto importante per i futuri genitori di vedere e conoscere il proprio figlio, per cui spesso viene richiesto l’esecuzione dell’esame ecografico con la tecnologia 3D. E’ importante sapere da un punto di vista clinico l’esame deve essere eseguito in bidimensionale, la tecnica 3D può risultare utile solo in alcuni casi laddove ci sia un sospetto diagnostico per l’approfondimento e lo studio di tale sospetto. Certo se il feto è in posizione favorevole l’immagine tridimensionale può mostrare una ricostruzione del volto del bambino permettendo ai futuri mamma e papà di vedere il loro bimbo molto chiaramente.
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